L'impatto economico di UJ | Umbria Jazz
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L’impatto economico di UJ

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Umbria Jazz non è solo musica e cultura, ma anche un elemento strategico per l’economia del territorio umbro e per la sua crescita. E proprio con lo scopo di valutare con una molteplicità di dati alla mano l’impatto del festival sul tessuto economico, la Fondazione Umbria Jazz sta realizzando, in collaborazione con il master in International business and intercultural context dell’Università per stranieri di Perugia, uno studio i cui risultati verranno resi noti in una conferenza stampa a settembre. Il lavoro sarà curato dal professor Luca Ferrucci – che coordina il master e che all’Università degli studi di Perugia insegna Economia e gestione delle imprese – e da due studenti (Simona Collu e Michele Tomassoli) che stanno svolgendo in Fondazione uno stage di 400 ore. Il festival, arrivato a 45 anni di età, sta confermando la sua tenuta e analizzando i primi riscontri (in particolare i dati relativi alle prevendite e all’occupazione delle camere), Umbria Jazz pare aver superato la difficile fase post terremoto.
L’analisi pensata da Ferrucci, Collu e Tomassoli andrà più in profondità rispetto ai parametri citati in precedenza, e prevede un lavoro articolato in quattro fasi. Nella prima saranno analizzati i bilanci di più anni della Fondazione Umbria Jazz, allo scopo di misurare l’andamento economico generale tra costi, ricavi, sponsorizzazioni e così via. La seconda fase prevederà, grazie alla collaborazione con Confcommercio e Federalberghi (con la quale durante Umbria jazz ha firmato un protocollo per la promozione del territorio a 360 gradi), l’acquisizione dei numeri degli ultimi cinque anni relativi alle strutture alberghiere tra occupazione delle camere, prezzi e ricavi medi. Con il terzo step si passerà all’analisi del sistema di trasporto pubblico locale nel suo complesso, con particolare attenzione alla quantità di biglietti venduti durante il festival negli ultimi anni.
La quarta e ultima fase consisterà in una ricerca empirica che abbraccerà l’area del centro storico (e le principali vie di accesso all’acropoli) grazie a un questionario, elaborato per l’occasione, che sarà somministrato a decine di attività commerciali di ogni tipo a partire dal 23 luglio, cioè dal giorno dopo la chiusura di Umbria Jazz. In tutto le domande saranno una decina e attraverso di esse verrà chiesto ai commercianti di dare una valutazione su fatturato, aumento o diminuzione del numero di clienti, preparazione o meno di vetrine a tema ed eventuali aperture anche nei giorni e negli orari durante i quali il negozio di solito rimane chiuso. Oltre a Ferrucci, alla conferenza stampa parteciperanno anche rappresentanti della Fondazione, il rettore della Stranieri Giovanni Paciullo e la professoressa Cecilia Chirieleison, che nel 2009 insieme a Ferrucci e ad altri docenti elaborò  uno studio sull’impatto che gli eventi – compreso UJ – hanno sull’economia umbra.
«Questo progetto – spiega Ferrucci – è l’avvio di una collaborazione anche scientifica, che speriamo possa diventare duratura e che punta al coinvolgimento attivo degli studenti, i quali sono parte integrante della città. Il mio auspicio è che sia il tassello di un mosaico che potrebbe essere realizzato grazie alla collaborazione tra le governance di Fondazione e istituzioni universitarie della città». «I risultati – continua – ci diranno se e in che misura l’edizione 2018 è stata in grado di offrire occasioni aggiuntive per i commercianti del centro, che spesso hanno sottolineato i problemi della zona. In generale credo che Umbria jazz sia parte dell’identità di questa città e che costituisca anche un elemento di caratterizzazione forte nei confronti del mondo esterno. Proprio per questo deve diventare fino in fondo un patrimonio di tutta la città; tutti gli attori pubblici e privati devono sentirsi coinvolti».
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