I chiaroscuri, i pianissimo e i fortissimo di Ahamad Jamal, la tempesta sonora della sua piccola e scatenata allieva giapponese, Hiromi, la solidità di Mulgrew Miller, l’originalità di Danilo Rea che, alla testa dei Doctor 3, spazia liberamente da Coltrane a Sting, da Morricone a Becàud, l’intimità di un veterano come Renato Sellani, l’eleganza di Kenny Barron, guida e centro di riferimento di Sphere, il quartetto che celebra la musica di Thelonious Monk con il suo ex batterista Ben Riley, il gran bassista Buster Williams e Gary Bartz al sax nel posto che originariamente era di Charlie Rouse, compagno storico dei quartetti monkiani. Il piano, dunque, di nuovo al centro dell’attenzione. Ma non solo.
C’è un po’ di Brasile con il ricordo di un maestro come Antonio Carlos Jobim, proposto dal raffinato violoncellista Jaques Morelenbaum, che fu suo affettuosissimo collaboratore, con JAPT, che rievoca la celebra sigla di Norman Granz, Jazz at the Philarmonic (con una schiera di baldi giovani da Eric Alexander a Wycliff Gordon), e con l’accordéon di Richard Galliano.