Dino Rubino, Marco Bardoscia e Stefano Bagnoli spesso si ritrovano nei progetti, dal vivo e/o in studio, di Paolo Fresu e nelle uscite della etichetta discografica del trombettista sardo, la Tǔk Music. La loro intesa è cementata ormai da tempo, ed il trio pianistico è forse la formula migliore per valorizzare una partnership che permette ai tre artisti di esprimere al più alto livello le loro potenzialità. Di questo trio è uscito qualche mese fa un album dal titolo “Solitude”. È un album triplo di inediti, a nome di Rubino, che sembra rispondere al bisogno
di fissare con un prodotto così impegnativo e ambizioso un momento chiave della carriera. È il settimo album di Dino Rubino per la Tǔk Music, è il primo in trio dopo 11 anni ed ha una struttura precisa: i primi due dischi sono di composizioni originali scritte dal pianista negli ultimi anni ed il terzo è prevalentemente di standard. Da uno di questi, il famoso Solitude di Duke Ellington, il disco prende il titolo.
È chiaro che i tre si conoscono bene e per un trio pianoforte-contrabbasso-batteria è un bel punto di partenza. Se c’è un motivo unificante (non l’unico) della musica del trio, sia nella scrittura che nella performance, è la ricerca melodica. La melodia, del resto, è il maggiore contributo della via italiana al jazz, il che è normale se si pensa che la melodia è il tratto distintivo di un patrimonio immenso che va dall’opera alla musica per banda, dalla canzone d’autore alla tradizione popolare. Il trio si muove con la naturale leggerezza di chi si sente a casa in un percorso che predilige scenari soft, mentre con il disco di standard si mette in sintonia con il filone principale del jazz americano di ogni epoca.