Nel novembre 2023, Angélique Kidjo, ha celebrato in uno spettacolare concerto alla Royal Albert Hall i suoi quarant’anni di artista e attivista. Un grande omaggio a colei che Time Magazine ha definito “Africa’s premier diva” e alla quale Vanity Fair ha dedicato una monografia con contributi di Bono e Harry Belafonte. Oltre a cinque Grammy, la Kidjo ha avuto una infinità di riconoscimenti in tutto il mondo. Non soltanto musicali. Amnesty International le ha assegnato il premio Ambassador of Conscience e l’Unicef l’ha nominata International Goodwill Ambassador. Secondo la BBC, è una delle cinquanta icone dell’Africa. Angélique ha cantato nel 2003 in Sud Africa al concerto per la lotta all’AIDS con Peter Gabriel e Youssou N’Dour, e nel 2015 ha cantato all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il suo impegno ambientalista l’ha portata a collaborare con il fotografo e cineasta Yann Arthus-Bertrand per la realizzazione del film “Mother Nature”, il cui messaggio è: salvare il Pianeta e proteggere l’ambiente. “Mother Nature” è anche il titolo di un suo album.
Questo e molto altro ancora è Angélique Kidjo, che dal Benin in cui è nata ha saputo farsi voce, coscienza e anima dell’Africa con una musica in cui confluiscono i suoni del mondo: jazz, hip hop, rumba africana, salsa, funk, gospel, makossa, zouk, le tradizioni popolari beninesi. Una sintesi totale di generi vissuta con coerenza e naturalezza.
Una performer carismatica, Angélique Kidjo, la cui importanza trascende il mero fatto artistico. In questo è accostabile a figure come Nina Simone e Miriam Makeba. O come Celia Cruz, la regina della salsa e icona assoluta della musica latina, alla quale la Kidjo ha dedicato un progetto con cui, tra l’altro, fece il suo esordio a Umbria Jazz.