Plurivincitrice di cinque Grammy Awards, di cui uno per la colonna sonora del bel film in bianco e nero di George Clooney, “Good Night and Good Luck”, e con nove nomination all’attivo, Dianne Reeves fonde la sua grazia senza tempo, la sua eleganza e il suo carisma in indimenticabili interpretazioni. La versatilità stilistica e i mezzi vocali ed espressivi di cui dispone le permettono di muoversi in un repertorio eclettico.
Dianne Reeves è considerata la discendente dell’eredità della grande Sarah Vaughan. «La diva del jazz più ammirata dai tempi d’oro di Ella Fitzgerald e Billie Holiday», la definì il New York Times. Ma se i nomi della Vaughan e di Ella Fitzgerald sono spesso invocati come prova della sua classe, Dianne Reeves si è aperta a un mondo più ampio del jazz. Fin dai suoi primi anni è stata influenzata dai suoni dell’Africa, dell’America Latina e dei Caraibi, e le sue esibizioni svelano sempre nuove profondità di un’artista appassionata, impavida e tecnicamente sorprendente.
Per la Reeves tutto è musica, ben oltre i paletti di genere. Avendo avuto la opportunità di entrare in contatto con la musica di tutto il mondo, ha potuto scegliere e cantare ciò che sente più suo.
Nel 2018 è stata nominata NEA Jazz Master, la più alta onorificenza americana nel campo del jazz, ed è stata insignita del titolo Jazz Legend dal Festival di Monterey. Reeves ha anche conseguito il dottorato honoris causa della prestigiosa Juilliard School di New York in una cerimonia al Lincoln Center.
Sono soltanto alcuni dei molti riconoscimenti tributati alla cantante di Detroit.
Figlia d’arte (padre cantante, madre trombettista, George Duke era un suo cugino), ha cominciato a cantare da ragazzina, finché è stata scoperta e lanciata da Clark Terry. Primi ingaggi con Sergio Mendes e Harry Belafonte, ma la svolta della carriera è arrivata con il contratto con la Blue Note, con la Reeves ha inciso praticamente tutti i suoi album fino a “Beautiful Life”, uscito per la Concord.
A Umbria Jazz, tra l’altro, è stata protagonista di un progetto originale sulle canzoni di Burt Bacharach con arrangiamenti di Ethan Iverson e l’Orchestra del Festival.