Non sempre è facile coniugare un approccio intellettuale alla musica, curando molto le strutture compositive e la tecnica strumentale, con una dimensione emotiva che metta in sintonia immediata chi suona e chi ascolta. Mark Turner ha questo dono, che fa di lui un musicista stimato da critica e colleghi e nello stesso tempo amato dal pubblico. Un musicista rigoroso, le cui uscite discografiche da leader delle proprie band sono meditate e che sceglie bene anche tra le molte proposte di collaborazione, il che non gli ha impedito di mettere insieme una discografia ricchissima. In pochi anni ha assommato un invidiabile corpo di registrazioni per ECM: con il proprio quartetto, con il quartetto di Billy Hart, con il trio Fly (con Larry Grenadier e George Ballard), con Stefano Bollani, con Enrico Rava, in duo con Ethan Iverson, con Benjamin Lackner. Ha registrato anche con Kurt Rosenwinkel, il SF Jazz Collective, Aaron Goldberg, Tom Harrell, Edward Simon, John Patitucci, Lee Konitz. Il suo più recente lavoro è “Solid Jackson”, a nome di Turner, Brad Mehldau e Peter Bernstein, ma bisogna anche riferire di un prodotto molto particolare come il suo primo album di solo sassofono “We Raise Them To Lift Their Heads” per l’etichetta di Jakob Bro, suo vecchio amico nonché produttore del disco.
Turner cita come modelli John Coltrane e Warne Marsh, passando per Joe Henderson, Dexter Gordon, Sonny Rollins, Lester Young, ovvero la strada maestra dello sviluppo del sax tenore. Turner però nella California del sud dove è cresciuto ha avuto la possibilità di ascoltare anche tanta altra musica, dal soul al gospel al blues e ha trasferito queste influenze nella propria personalissima identità artistica. La sua musica si ascolta sempre con interesse e con godimento.
