Se ne va un altro grande del jazz: Barry Harris
Una leggenda del Jazz. In quale altro modo definire Barry Harris, scomparso a quasi 92 anni, li avrebbe compiuti il 15 dicembre prossimo, 87 dei quali passati alla tastiera di un pianoforte. Harris era un teenager quando attorno a lui il jazz cambio’: Bud Powell e Thelonious Monk facevano entrare anche il piano nella rivoluzione copernicana del Bebop con cui Charlie Parker e Dizzy Gillespie stavano archiviando la “Swing Era”. Nasceva il jazz moderno.
Harris, che aveva scelto il jazz dopo aver suonato in chiesa per i cori gospel e preso lezioni di musica classica, si era già fatto una reputazione suonando nei club di Detroit, la sua città. Aderì a quella nuova estetica e vi restò fedele per tutta la vita:
Powell, Monk, ma anche Tadd Dameron sono sempre rimasti i suoi riferimenti stilistici. Powell, soprattutto: secondo Tony Flanagan nessuno più di Harris era vicino al modo di suonare di Bud Powell.
Nel corso della sua infinita carriera Harris ha suonato e registrato, oltre che con gli stessi Parker e Gillespie, con Miles Davis, Coleman Hawkins, Sony Stitt, Cannonball Adderley, Dexter Gordon, Sarah Vaughan, Illinois Jacquet e infiniti altri. La storia del jazz moderno è passata a fianco del pianoforte di Barry Harris e per questo i riconoscimenti del mondo della musica non gli sono certo mancati: su di lui è stato girato il film “Barry Harris – Spirit of Bebop”, un suo contributo è stato richiesto per il documentario sulla vita di Thelonious Monk, “Straight, No Chaser”, prodotto da Clint Eastwood, e lo si vede anche nel film “Bird”, dello stesso regista. Nel 2000 Harris è stato iscritto alla American Jazz Hall of Fame per “Lifetime Achievements & Contributions to the World of Jazz”.
A fianco della sua attività di performer Barry Harris ha svolto una intensa e appassionata opera di educatore, soprattutto attraverso il Jazz Cultural Theatre, da lui fondato.