Umbria Jazz lancia lo slogan “Italians do it better”, che sancisce, senza lasciare spazi a dubbi, l’incalzare del jazz di casa nostra.
E la conferma viene dagli esauriti e dall’entusiasmo con cui vengono accolti, spesso superando i più quotati colleghi statunitensi, Enrico Rava , Paolo Fresu, Roberto Gatto, Gianluca Petrella, Danilo Rea, Enrico Pieranunzi.
Italiani über alles, ma non solo: il cartellone è di gran richiamo e dominato da uno strumento popolare come la chitarra. Così ecco in fila Pat Metheny, prima in una stordente cavalcata solitaria poi alla testa di un gran trio con Christian McBride e Antonio Sanchez, Slowhand Eric Clapton con la sua inesauribile scorta di rock dipinto di blues, John Scofield e un supertrio funky blues con Larry Goldings all’organo e Jack DeJohnette alla batteria per un omaggio a Tony Williams. Ecco Carlos Santana, Bill Frisell con un nuovo quintetto dove spicca la cornetta di Ron Miles e, infine, Russell Malone, chitarrista dal tocco swing che torna dopo essersi rivelato qualche anno prima nelle notti in club di Diana Krall. Diana, nel frattempo, è diventata una star e torna a Perugia con i suoi capelli biondi, e il suo swing gradevole.
A completare la parta di stelle c’è ancora una volta la magica classe di Caetano Veloso, c’è il superquartetto di Wayne Shorter in chiave quasi free, Herbie Hancock con una band giovane e una musica ridondante, Chick Corea che fa il verso alla third stream music e il padrino del funk James Brown, smagrito che evoca il suo passato più epico.